Studio lavoro a distanza

La crisi dovuta al Coronavirus sta scuotendo le fondamenta del nostro sistema economico. Le pubbliche istituzioni stanno lavorando per arginare la propagazione del virus e, contemporaneamente, cercare di minimizzare il suo devastante impatto sull’economia del nostro Paese.

Uno dei principali risultati di questa situazione d’emergenza è il fatto che stiamo assistendo a un cambio radicale di tutti i paradigmi a cui eravamo abituati. A livello economico, la necessità di portare avanti l’attività produttiva ha spinto molte piccole e medie imprese (PMI) a riorganizzarsi per poter sopravvivere alla crisi.

Il tanto commentato lavoro a distanza non è più un’opzione lontana ma, in seguito al lockdown imposto in tutto il Paese dal 9 marzo, si è trasformato per molti imprenditori in una necessità reale per non soccombere in tempi incerti come quelli che stiamo vivendo.

Per decine di migliaia di dipendenti, lavorare a distanza significa munirsi di un computer e di una buona connessione wi-fi e, soprattutto, ridefinire le modalità di vivere il proprio lavoro. Si tratta di una vera e propria rivoluzione che coinvolge persone, cultura manageriale e strumenti tecnologici.

Ma quanti lavoratori di PMI italiane stanno avendo effettivamente la possibilità di lavorare a distanza? Qual è la situazione attuale dello smart working nelle diverse regioni della penisola?

Per dare risposta a questa domanda, abbiamo condotto un’indagine il cui obiettivo principale è avere una foto realistica della situazione attuale in termini di lavoro a distanza e accesso alle principali tecnologie che lo facilitano.

Punti salienti dello studio


  • Il 68% degli intervistati sta lavorando a distanza ma solo il 24% ha a disposizione un computer aziendale.
  • Il 47% delle PMI italiane ha dovuto acquistare e installare nuovi software per permettere ai propri dipendenti di lavorare da remoto.
  • I software di web conference, collaborazione e live chat sono i più utilizzati in questo periodo per lavorare da casa.
  • Secondo i dipendenti intervistati, trovare la concentrazione e riuscire a interagire con colleghi e clienti sono le principali sfide del lavoro a distanza.

Le PMI sono preparate per il lavoro a distanza?

Quali software facilitano lo smart-working?

Quali sono le principali sfide che si presentano lavorando da casa?

Di seguito presentiamo dettagliatamente i risultati dello studio, che ci hanno aiutato a mappare lo stato di sviluppo dello smart working nel nostro Paese. Alla fine dell’articolo, illustriamo la metodologia applicata per la ricerca.

Il 68% degli intervistati sta lavorando a distanza, in tutta Italia

Il  68% degli intervistati dichiara che attualmente sta lavorando da casa come risposta allo stato di lockdown imposto dal Governo nella giornata del 9 marzo.

Percentuale di dipendenti che svolgono lavoro a distanza

La maggior parte dei lavoratori che attualmente stanno lavorando a distanza risiede nel Nord Italia (48%), mentre il Centro (21%) e la zona Sud e Isole (31%) presentano valori inferiori ma comunque interessanti.

È bene tenere presente che, come riportato dal Corriere della Sera, molte zone di Italia non sono dotate di una copertura wi-fi soddisfacente e questo sta sicuramente rendendo più difficile, per molti dipendenti, il passaggio alla modalità smart working.

Molti settori, dall’educazione ai servizi finanziari, dall’Informatica all’amministrazione pubblica, si sono attrezzati per concedere ai loro dipendenti la possibilità di lavorare da casa e portare avanti le loro attività.

Le PMI si devono preparare per le nuove sfide del lavoro a distanza

Nonostante il gran numero di dipendenti che stanno lavorando da casa, il 76% degli intervistati dichiara di utilizzare il proprio pc con conseguente rischio in termini di cyber security e gestione delle vulnerabilità.

Hardware utilizzato per lavorare da casa

A livello di hardware, dunque, sembrerebbe che le PMI non fossero sufficientemente preparate per le nuove sfide presentate dal lavoro da remoto. Infatti, tra gli intervistati che non stanno lavorando da casa, il 30% dichiara di non poterlo fare proprio perché l’azienda non ha fornito loro gli strumenti adeguati.

Dotare i propri dipendenti di un pc aziendale con tutti i tool necessari permette di conservare un livello di controllo maggiore in termini di sicurezza, garantire flessibilità e, in ultima analisi, agevolare lo smart working.

Il 47% delle PMI italiane ha inoltre dovuto acquistare e installare nuovi software per permettere ai propri dipendenti di lavorare da remoto. Si tratta di una vera e propria corsa alla digitalizzazione che sta facendo spiccare a molte piccole e medie aziende un gran balzo in termini di trasformazione digitale.

Le 5 categorie di software più utilizzate per lavorare a distanza

Il 44% degli intervistati dichiara di utilizzare software sia cloud based sia installati sul pc. Il 38% utilizza solo strumenti installati sul computer mentre il 13% dichiara di lavorare unicamente con tool cloud based.

La necessità di relazionarsi con clienti, fornitori e ora anche colleghi e di portare a termine i progetti sta spingendo molte PMI a puntare su strumenti specifici. Software per video conferenza, comunicazione/collaborazione e live chat sono i più utilizzati in questo periodo per lavorare da remoto. Seguono software di project management e tool di gestione del personale/programmazione.

5 categorie di software più utilizzate per lavorare a distanza

Il 2020 sarà ricordato come l’anno che ha portato le video conferenze sotto i riflettori. Se eseguite nel modo giusto, queste consentono ai team geograficamente distanti di collaborare e risolvono i problemi legati al coordinamento.

Per rispondere all’invito di lavorare da casa da parte dei governi di tutto il mondo, molti  provider di software hanno modificato le proprie offerte con il fine di agevolare lo smart working in un’epoca così incerta e le PMI hanno ora molte alternative a loro disposizione.

Mantenere la concentrazione e interagire con colleghi e clienti: le principali sfide del lavoro a distanza

Il cambio di paradigma ha portato ad uno stravolgimento storico nella routine di molti lavoratori italiani. Il tanto commentato remote work si è trasformato in realtà dal giorno alla notte e la nuova quotidianità ha portato con sé una serie di problemi.

Tra le principali sfide che devono affrontare quotidianamente, gli intervistati riconoscono che le più dure sono mantenere la concentrazione e interagire con colleghi e clienti.

Principali sfide dello smart working

La crisi dovuta al Covid-19 ha scatenato il panico e gettato nello sconforto manager e dipendenti, ma, soprattutto ora, è di vitale importanza  mantenere alta la motivazione dei lavoratori. Di fronte al senso di smarrimento dei loro dipendenti, i manager devono dimostrare di essere preparati a gestire le crisi e mantenere il team coeso ed efficiente.

La crisi sanitaria sta obbligando le PMI a riorganizzarsi per procedere a un ritmo coerente con le potenzialità tecnologiche

Contrariamente alle previsioni dei più pessimisti, le PMI italiane stanno dimostrando di sapersi riorganizzare per consentire ai loro dipendenti di portare avanti le proprie attività quotidiane e garantire così la sopravvivenza del business.

A livello di hardware e software c’è sicuramente ancora molta strada da fare, ma la crisi del Covid-19 sta spingendo molte aziende ad accelerare il proprio processo di trasformazione digitale e sta imponendo un cambio di paradigma nelle metodologie tradizionali di lavoro.

Lo smart working si sta dunque rivelando uno strumento valido per garantire produttività ed efficienza organizzativa. Quello che stiamo vivendo, è il più grande esperimento di lavoro da remoto mai condotto a livello nazionale e auspicabilmente porterà a cambiare l’approccio con cui tradizionalmente viene visto questo argomento.

Uno studio condotto dall’ Osservatorio Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, ha dimostrato come lo smart working migliori di fatto il livello di engagement dei dipendenti. I lavoratori che ne beneficiano si dimostrano inoltre più capaci di responsabilizzarsi rispetto agli obiettivi aziendali. L’uso delle tecnologie affiancate agli strumenti tradizionali di collaborazione contribuisce allo sviluppo della cosiddetta “attitudine smart”, versatile e flessibile.

In conclusione, l’attuale crisi sanitaria sta obbligando molte PMI a riorganizzarsi per procedere a un ritmo coerente con le potenzialità che tecnologie e strumenti digitali potrebbero già far cogliere da tempo.

Utilizzando le parole di Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano: “Lo Smart Working non è solo una moda, è un cambiamento che risponde alle esigenze delle persone, delle organizzazioni e della società nel suo complesso, e come tale è un fenomeno inarrestabile.”


Metodologia del sondaggio

Per raccogliere i dati di questo studio abbiamo lanciato un sondaggio online. Le risposte provengono da un campione di partecipanti selezionato sul mercato italiano. Il questionario è stato inviato a 613 persone, tra le quali sono stati selezionati 309 partecipanti. I partecipanti che abbiamo ritenuto qualificati per lo studio sono dipendenti (full-time o part-time) di una PMI (tra 1 e 250 dipendenti). Il campione raccolto include imprese provenienti da diversi settori di attività. Su 309 intervistati, il 68% è stato in grado di passare al lavoro a distanza, il 32% non ci è riuscito. I dati riportati si riferiscono quindi a 210 intervistati che stanno attualmente lavorando da remoto. I restanti 99 intervistati non sono nelle condizioni di farlo perché appartengono a settori di attività che richiedono la presenza fisica per il regolare svolgimento del proprio lavoro (58%), perché l’azienda non è riuscita a dare rapida risposta alla crisi (30%) o perché il management non approva la modalità di lavoro in remoto (9%).