
Il 2020 sarà ricordato non solo come l’anno della pandemia del Covid-19 ma anche come il primo esperimento massivo di smart working a livello nazionale. Tanto le grandi aziende quanto le piccole organizzazioni hanno dovuto riorganizzarsi velocemente per garantire il proseguimento delle attività anche con una parte o la totalità del personale lavorando a distanza.
Ora che il 2021 è alle porte e che questa nuova modalità di lavoro è ormai pratica diffusa, è bene pensare a come organizzarsi al meglio per garantire la massima efficienza.
Per approfondire questo argomento, Capterra ha intervistato 1.538 dipendenti italiani – dal personale con profilo junior fino ai dirigenti e ai proprietari di PMI – per indagare in merito alla loro esperienza di smart working durante questo 2020.
Il campione include intervistati di vari profili e settori professionali, che stanno attualmente svolgendo smart working o che si recano in ufficio, per permetterci di esplorare le differenze nelle risposte. La metodologia completa è disponibile alla fine di questo articolo.
Smart working o lavoro da remoto? Ecco le differenze
Durante il 2020, abbiamo sentito parlare molte volte sia di smart working sia di lavoro da remoto. Prima di avventurarci nell’analisi dei risultati e presentare le conclusioni del nostro studio, è bene chiarire le differenze.
Il lavoro da remoto è considerato da molti il predecessore dello smart working: si tratta del lavoro a distanza che implica lavorare in un luogo definito e stabile diverso dall’ufficio e, soprattutto, con un orario definito. In altri termini, parliamo di svolgere il proprio mestiere da una qualsiasi postazione piuttosto che dal classico luogo di lavoro come potrebbe essere un ufficio. Nella maggior parte dei casi tutto quello che serve è un computer e una connessione internet veloce.
Secondo la definizione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (contenuta nella Legge n. 81/2017) “Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.”
La definizione pone dunque l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (come ad esempio: pc portatili, tablet e smartphone).
Ora che abbiamo le idee più chiare e sappiamo di cosa si tratta, possiamo analizzare la situazione ad oggi nel nostro Paese.
Al 60% degli italiani intervistati è stato chiesto di lavorare in smart working
Dall’inizio della pandemia, più della metà dei lavoratori intervistati sono stati invitati a non recarsi in ufficio e a lavorare da casa per garantire la loro sicurezza e, nello stesso tempo, la continuità operativa dell’attività aziendale.

Mentre il 10% degli intervistati operava già in questo modo prima della pandemia, il 50% si è adeguato alle nuove disposizioni aziendali lavorando a distanza full-time o part-time.
Consiglio: introdurre una politica di lavoro flessibile
I dati raccolti dimostrano che lavorare con una forza lavoro distribuita tra ufficio e casa è possibile. Di conseguenza, è probabile che nel 2021 molte aziende cercheranno di rimodellare il loro punto di vista sul lavoro a distanza.
Inoltre, dal punto di vista dell’attrazione e del trattenimento dei talenti, una politica di lavoro flessibile offre alle aziende un vantaggio competitivo.
I software di time-tracking aiutano le organizzazioni a gestire i propri dipendenti in maniera centralizzata, favorendo il tracciamento del tempo (ore lavorate, ferie, permessi, straordinari) e la contabilizzazione delle attività svolte.
L’85% degli intervistati dichiara di essere altrettanto (o più) produttivo a casa rispetto all’ufficio
All’inizio del lockdown dello scorso marzo, molti manager e imprenditori erano comprensibilmente nervosi per il passaggio allo smart working. Le loro priorità immediate all’epoca comprendevano il mantenimento del personale e la garanzia di poter rimanere produttivi mentre si lavorava da casa.
A distanza di molti mesi dall’inizio della pandemia, i dati dimostrano che l’esperimento è riuscito: il 90% degli intervistati dichiara di aver mantenuto – o addirittura incrementato – il proprio livello di produttività:

Volendo indagare a fondo il fenomeno della produttività, abbiamo specificamente chiesto agli intervistati di comparare la loro produttività a casa rispetto a quella in ufficio. Le loro risposte sono state chiare:

Mentre la metà degli intervistati dichiara di mantenere lo stesso livello di produttività sia in ufficio sia a casa, è interessante osservare come il 35% si senta maggiormente produttivo quando si trova ad operare in smart working.
Consiglio: stabilire obiettivi chiari e definiti nel rispetto della flessibilità
Garantendo le risorse adeguate, il personale può essere tanto produttivo in un ambiente digitale quanto lo è in un ufficio fisico. L’importante è definire in modo chiaro e trasparente gli obiettivi e i KPIs di ogni dipendente. Non conta se si trova in ufficio o a casa sua, è importante prendere in considerazione una disposizione più flessibile che consenta al personale di prosperare in tutti gli ambienti. Come? Ad esempio, offrendo orari di lavoro flessibili o consentendo ai dipendenti di lavorare da casa per un certo numero di giorni alla settimana.
I software per il monitoraggio dei dipendenti sono utili per monitorare la produttività e garantire un uso corretto delle risorse aziendali.
Il 37% degli intervistati ritiene che dovrebbe avere più libertà
Abbiamo chiesto a tutti gli intervistati, in smart working o meno, di valutare il livello di gestione e controllo a cui si sentono sottoposti da parte delle loro aziende. I risultati non evidenziano grandi differenze: mentre solo una piccola parte degli intervistati (7%) dichiara di sentirsi estremamente controllata, la maggior parte sente di disporre di molta libertà e di potersi organizzare in maniera autonoma.

È interessante però notare come il 37% degli intervistati che lavorano in smart working, pur non essendo sottoposta a controllo eccessivo, auspichi comunque ad avere più libertà. La stessa percentuale tra i lavoratori non in smart working scende al 30%.
Consiglio: introdurre politiche per la gestione dello smart working
È dovere di un buon manager manager assicurarsi che il proprio team possa lavorare al massimo della produttività ma è complicato stabilire il limite tra supporto e controllo eccessivo, soprattutto nel caso dei lavoratori in smart working.
Sfortunatamente, non esiste una formula prestabilita per ottenere questo risultato, soprattutto perché ogni dipendente è diverso. Tuttavia, è possibile stabilire delle politiche aziendali per regolare lo smart working ed evitare così di abbandonare i lavoratori a sé stessi o, al contrario, cadere nell’eccessivo micro-management dei propri collaboratori. Ecco alcuni esempi:
- Usare la webcam nelle videoconferenze
- Rispondere ai messaggi entro 24 ore
- Avvisare i colleghi quando si va in pausa
- Aggiornare sempre il proprio status nella live chat aziendale per informare i colleghi della propria disponibilità
La comunicazione dovrebbe sempre essere la preoccupazione organizzativa numero uno. Quando si lavora a distanza, è difficile mantenere alto il livello di comunicazione e pertanto bisogna investire in strumenti di team collaboration per gestire i flussi di lavoro in maniera ottimale.
La presenza di politiche comuni riduce la necessità di controllo da parte di manager e dirigenti e, di conseguenza, lo stress dei dipendenti che vengono così informati del comportamento che devono tenere durante il lavoro a distanza.
Per organizzare lo smart working nel 2021 è importante trovare il giusto equilibrio e accogliere le nuove sfide
Anche se viviamo tempi incerti, il 2020 ci ha dato un’opportunità per ripensare, resettare, reinventarci a livello aziendale e individuale. Lo smart working è la nostra nuova realtà e, se fatto bene, può aiutare le aziende ad essere più produttive, competitive e consapevoli.
La nuova modalità di lavoro porta con sé sfide importanti in termini di organizzazione aziendale ma apre anche le porte a nuove opportunità come, ad esempio, la possibilità di accedere ad un pool di talenti disponibili in tutto il mondo.
Con le nuove culture lavorative, appariranno nuove opportunità di business e coloro che saranno in grado di reinventarsi avranno maggiori possibilità di prosperare e sopravvivere a situazioni estreme come quella che stiamo vivendo ora.
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Metodologia
Per la raccolta di questi dati, Capterra ha intervistato 1.538 professionisti suddivisi tra 1.256 dipendenti (posizioni intermedie e di middle management) e 282 profili senior (dirigenti e imprenditori).
Gli intervistati hanno più di 18 anni, risiedono in Italia e lavorano per aziende di diversi settori a tempo pieno (80%) o a tempo parziale (20%).
Il 60% degli intervistati lavora attualmente in smart working mentre il 40% non effettua lavoro a distanza.
Il sondaggio è stato condotto dal 13 al 17 novembre 2020.