A più di un anno dall’inizio della pandemia del Covid-19, la vita dei dipendenti italiani è profondamente cambiata. Il lavoro da remoto è ad oggi una realtà diffusa in tutto il Paese e sta presentando nuove sfide e grandi opportunità di acquisizione di nuove competenze digitali.
La situazione sanitaria ha influito anche sui progetti futuri dei dipendenti, influenzando le opportunità di cambiare lavoro e i piani di mobilità per il futuro, ritardando gli avanzamenti di carriera e costringendoli ad acquisire nuove competenze digitali e adottare nuovi strumenti per garantire la sopravvivenza stessa di molte attività produttive.
Capterra ha condotto uno studio con 1000 lavoratori italiani per indagare l’impatto della pandemia sulla percezione del proprio lavoro, i piani di futuro e aspirazioni lavorative, ma anche sulla necessità di acquisire nuove competenze e adottare nuovi strumenti per mantenere l’attuale posizione lavorativa. Lo studio è stato esteso anche a livello internazionale e vi hanno preso parte lavoratori di ogni parte d’Europa e del mondo: Regno Unito, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Stati Uniti, Canada e Brasile. La metodologia completa della ricerca è presentata alla fine dell’articolo.
Punti principali dello studio
Mobilità lavorativa durante il Covid-19: l’85% dei dipendenti ha mantenuto lo stesso posto di lavoro
Il mercato del lavoro è stato messo a dura prova a causa della pandemia del Covid-19. Milioni di posti di lavoro sono andati persi in tutto il mondo e molti altri sono stati messi a rischio dall’insorgere improvviso della crisi sanitaria. In Europa, grazie ai programmi governativi per la conservazione del lavoro e alle politiche di sostegno alle imprese, l’impatto è stato leggermente inferiore rispetto al resto del mondo.
Il resto dei partecipanti allo studio ha sperimentato i seguenti cambiamenti:
- Il 5% ha ricevuto una promozione interna da parte della propria azienda
- Il 4% ha accettato volontariamente un altro lavoro in un’altra azienda
- Il 3% è stato licenziato o sospeso e ha dovuto cercare un altro lavoro in un’altra azienda
- Il 3% è stato trasferito in un altro reparto della stessa azienda.
La mobilità lavorativa, sia interna sia esterna, ha dunque subito un’importante battuta d’arresto a causa della crisi sanitaria.
Si può riscontrare un andamento molto simile anche nel resto dei Paesi che hanno partecipato allo studio: in media, il 79% dei dipendenti nel mondo ha mantenuto il proprio posto di lavoro e solamente l’8% ha ricevuto una promozione interna, mentre il 4% è stato licenziato e si è trovato nella condizione di cercare urgentemente un altro impiego.
Olanda (12%) e Stati Uniti (10%) hanno la più alta percentuale di promozione all’interno della stessa azienda durante questo periodo di tempo, mentre la Spagna si posiziona al terzo posto (8%). Italia e Francia (5%) sono invece il fanalino di coda di questa classifica.
Il 57% dei dipendenti ha dovuto acquisire nuove competenze digitali durante la pandemia
Più della metà dei dipendenti italiani intervistati dichiara di aver dovuto acquisire nuove competenze durante la pandemia:
Il lockdown ha forzato il passaggio allo smart working ed ha richiesto l’adozione di nuovi strumenti per agevolare il lavoro da remoto e per coordinare i team favorendo la collaborazione a distanza.
Nella maggior parte dei casi (37%) l’azienda stessa ha fornito ai propri dipendenti la formazione necessaria, ma rimane comunque alta la percentuale dei lavoratori che hanno dovuto provvedere da soli alla propria formazione (18%).
Queste sono le principali competenze – digitali e non – che i dipendenti hanno dovuto acquisire a seguito della crisi del Covid-19:
Sebbene la maggior parte delle competenze sviluppate siano di tipo digitale e professionale (social media, e-mail marketing, programmazione, etc.), il 27% degli intervistati ha approfondito temi di salute e benessere. In questo periodo di crisi economica e di incertezza, il benessere mentale dei dipendenti è più che mai sotto la lente d’ingrandimento. Le aziende devono essere molto attente a questo problema e mantenere conversazioni riguardo la salute fisica e mentale con i propri dipendenti. A questo proposito, esistono diversi strumenti che possono aiutare manager e dirigenti a testare il polso della situazione: sondaggi interni, videochiamate e software per feedback a 360º.
Solo il 31% degli intervistati si sente un po’ oberato dal numero di tool che utilizza sul lavoro
Lavorare da remoto implica necessariamente un aumento del numero di tool che i dipendenti si trovano ad utilizzare quotidianamente. Quando viene meno la vicinanza fisica e la facilità di comunicazione data dalla condivisione dello stesso spazio di lavoro, molti processi devono essere ripensati e, il più delle volte, digitalizzati.
Come conseguenza, cresce il numero di strumenti digitali utilizzati durante il lavoro. Ma quali e quanti sono i tool più utilizzati dai dipendenti italiani? Ecco le loro risposte:
Gli strumenti attualmente più utilizzati, rafforzati in seguito all’avvento del lavoro a distanza, consentono di comunicare online, condividere documenti e di monitorare le ore lavorate.
Al contrario, tra gli strumenti meno utilizzati spicca mancanza di strumenti di sicurezza informatica: il 48% degli intervistati non utilizza alcuno strumento di sicurezza informatica.
Sia che lavorino a distanza sia che si rechino quotidianamente in ufficio, è estremamente importante che tutti i dipendenti ricevano una formazione di cybersecurity e che utilizzino, ad esempio, gestori di password o l’accesso alla rete VPN per garantire l’integrità dei dati aziendali.
A questo proposito, anche la formazione in generale sembra essere molto carente nelle PMI italiane: il 58% degli intervistati afferma infatti di non utilizzare alcuno strumento di formazione online (LMS).
Nonostante abbiano dovuto acquisire nuove competenze, usare nuovi strumenti digitali e cambiare la loro mentalità operativa a causa di COVID-19, i dipendenti italiani non sembrano sentirsi particolarmente sopraffatti dalla quantità di software che usano. Solo il 10% dice di essere oberato o molto oberato, mentre il 31% si definisce semplicemente un po’oberato.
A livello internazionale l’andamento è abbastanza simile, in media solo il 7% dei dipendenti in tutti gli altri Paesi si sente oberato o molto oberato dal numero di strumenti digitali che utilizza quotidianamente, mentre il 19% si definisce un po’oberato.
I dati indicano controllo e competenza nell’uso degli strumenti e delle piattaforme digitali attualmente in uso. L’adattamento al lavoro a distanza (full time o part time), che va di pari passo con l’acquisizione di nuove competenze digitali, sembra aver preso piede e i dipendenti non mostrano particolari problemi a utilizzare una varietà di software per compiti diversi.
Piani di carriera dopo la pandemia
La pandemia non ha cambiato l’opinione della maggior parte dei dipendenti in merito al proprio lavoro: il 46% degli intervistati afferma di avere la stessa opinione di prima riguardo la propria azienda e il proprio datore di lavoro. Mentre il 36% dichiara di apprezzare di più la propria situazione rispetto a prima, il 18% ha invece rivisto in senso negativo la propria opinione. Queste sono le principali motivazioni:
- Il 43% non trova più soddisfazione nel proprio lavoro dall’inizio della crisi a causa di un lavoro diventato monotono e ripetitivo
- Il 40% non è soddisfatto della reazione del proprio datore di lavoro a questa pandemia
- Il 26% ha perso interesse per le proprie mansioni quotidiane.
Il 15% vuole invece cercare una nuova posizione nello stesso settore mentre il 12% intende cambiare anche settore.
I dati sono in linea con gli altri Paesi partecipanti allo studio: il media il 76% degli intervistati intende mantenere il proprio posto di lavoro, il 14% vuole cercare una nuova posizione nello stesso settore mentre il 9% vuole cambiare anche settore.
Da parte loro, i responsabili delle risorse umane possono utilizzare strumenti di feedback a 360 gradi e di riconoscimento dei meriti per incentivare il monitoraggio dei dipendenti, identificare i punti di forza e considerare una riorganizzazione interna al fine di ottimizzare i talenti.
I fattori più importanti da valutare per un nuovo lavoro
Nonostante le azioni che si possono intraprendere per convincere i dipendenti a rimanere, alcuni lasceranno comunque la propria impresa per nuovi orizzonti. Secondo il 27% degli intervistati che prevedono di cambiare lavoro una volta cessata la pandemia, i fattori più importanti nella ricerca di un nuovo lavoro sono i seguenti:
È compito delle aziende tenere conto di questa nuova situazione e saper offrire nuovi modelli di lavoro o la possibilità di reinventarsi per trattenere i talenti.
Nuove competenze digitali e continuità lavorativa: i dipendenti italiani cercano stabilità
Lo studio indica una tendenza dei lavoratori nostrani a formarsi e rimanere competitivi per avere stabilità lavorativa e mantenere la propria posizione anche dopo la fine della pandemia.
La maggior parte dei lavoratori prevede di conservare il proprio posto di lavoro quando la pandemia finirà. La percentuale di intervistati che cercano volontariamente lavoro in un’altra azienda dello stesso o di altri settori, infatti, è minima.
Più della metà degli intervistati hanno provveduto a formarsi per acquisire nuove competenze digitali per adattarsi meglio alla nuova situazione. Queste competenze sono sia tecniche e professionali sia legate alla salute, indicando una preoccupazione crescente riguardo il proprio benessere sia fisico che emotivo.
In conclusione, sia in Italia che negli altri Paesi che hanno preso parte allo studio, i dipendenti mostrano desiderio di crescita professionale e stabilità per compensare le molte incertezze vissute nell’ultimo anno.
Metodologia dello studio
Per raccogliere i dati per questo studio, Capterra ha condotto un sondaggio online a gennaio 2021.
I 1000 intervistati hanno tra i 18 e i 65 anni, risiedono in Italia e la loro situazione lavorativa è la seguente:
- Lavorano in aziende fino a 250 dipendenti
- 71% lavora a tempo pieno
- 29% lavora part-time
Il campione è così composto:
SESSO:
- 50% uomini
- 50% donne
ETÀ:
- 10% 18-25 anni
- 21% 26-35 anni
- 33% 36-45 anni
- 23% 46-55 anni
- 13% 56-65 anni
Gli intervistati negli altri Paesi del mondo sono stati selezionati seguendo i medesimi criteri. Di seguito il dettaglio del numero di partecipanti allo studio, divisi per Paese:
- Francia: 1001
- Germania: 1098
- Olanda: 883
- Spagna: 999
- Regno Unito: 1050
- USA: 922
- Canada: 1012
- Brasile: 994